Il dubbio su quale sia la forma corretta da usare in italiano tra la parola presepe o presepio esiste da sempre e riguarda tutte le regioni d’Italia. Non esiste infatti una correlazione geografica tra l’uso di presepio o presepe, perché la loro distinzione, assolutamente minima, non è da attribuirsi ad una forma dialettale evolutasi sino ai giorni nostri.
Si tratta in realtà di due vocaboli parimenti corretti, che possono essere usati in modo assolutamente indistinto. Appare infatti evidente, guardando le due parole, che esse hanno la stessa identica radice, e qualsiasi dizionario di italiano conferma che hanno pure lo stesso significato.
Etimologia e significato di presepe-presepio
Con la parola presepe ci si riferisce ad una rappresentazione (realizzata con diversi materiali) della nascita di Gesù che si fa nelle chiese e nelle case, nelle festività natalizie e dell’Epifania, riproducendo scenicamente, con figure formate di materiali vari e in un ambiente ricostruito più o meno realisticamente (talora anche anacronistico), le scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi. In senso più generico, presepe significa “ogni rappresentazione iconografica della nascita di Cristo”. (► Leggi di più sul dizionario Treccani)
Il termine deriva dal latino praesaepe, che significa mangiatoia, greppia, ma anche recinto chiuso dove venivano tenuti al sicuro e sotto controllo animali come capre e pecore. Secondo l’ipotesi più diffusa, le parti che compongono la parola latina ossia prae (davanti) e saepe (recinto) indicherebbero letteralmente “luogo che ha davanti un recinto”. Secondo altri, invece, il termine presepe deriverebbe direttamente dal verbo praesapire (recingere).
Se ai giorni nostri esistono due versioni della stessa parola lo dobbiamo proprio alla lingua latina, nella quale troviamo, nel corso degli anni:
- praesaepe, -is (sostantivo neutro della terza declinazione) usato da Virgilio
- praesaepes, -is (sostantivo femminile della terza declinazione) usato da Plauto
- praesaepium, -ii (neutro della seconda presepe) utilizzato da Plinio nel I sec. d. C. e ricostruito sul plurale praesaepia
È stato grazie alla sua presenza all’interno delle prime versioni della Bibbia, inclusa quella successiva adottata dalla Chiesa, che l’ultima forma “praesaepium, -ii” è sopravvissuta alle altre. Nei secoli a seguire ritroviamo, nelle testimonianze di letteratura italiana, i termini presepe e presepio, utilizzati con significato diverso da alcuni autori: “presepio” viene usato in senso sacro, per riferirsi alla natività del Cristo, mentre “presepe”, usato in senso laico, indica esattamente la mangiatoia. Questa distinzione, già non troppo marcata, si è poi affievolita nel corso degli anni, tant’è che già nell’800 Alessandro Manzoni, uno dei padri della lingua italiana, fa uso di entrambi i termini all’interno dello stesso componimento
La mira Madre in poveri
panni il Figliol compose,
e nell’umil presepio
soavemente il pose;
e l’adorò: beata!
innanzi al Dio prostrata,
che il puro sen le aprì.
Senza indugiar, cercarono
l’albergo poveretto
que’ fortunati, e videro,
siccome a lor fu detto,
videro in panni avvolto,
in un presepe accolto,
vagire il Re del Ciel.
(Il Natale, vv. 64-70 e 92-98)
Tale duplice forma, sopravvissuta sino ai giorni nostri, si ricongiunge però nel plurale, che per entrambi i termini è “presepi”
Presepe o Presepio: cosa dice l’Accademia della Crusca?
Se ami approfondire la disamina sulle forme di presepio e presepe, in particolare la loro evoluzione nel corso della storia, ti consigliamo di leggere questo articolo sul sito dell’Accademia della Crusca.
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